Ferocia

Ore 21, la sveglia mi ricorda che un altro schifosissimo turno sta per partire.

Trascino le gambe fuori dal letto, con due piccole fessure al posto degli occhi affronto la prima, dura, prova, le rampe di scale.

Giunto in cucina mi rendo conto che ne è valsa la pena. Un piatto fumante di pasta mi aspetta.

Azzanno la mia preda, come fossi una iena nel branco.

È tempo di partire, divisa, cinturone, e loro, le inseparabili Sofi e Bea, le due sorelle letali.

Una volta in distretto, percepisco la solita aria pesante, un velo di tensione aleggia da qualche mese sulle nostre teste. Qualche rigido sorriso, due chiacchiere senza sbilanciarsi troppo, raccolgo velocemente il palmare e mi avvio in direzione dell’uscita, spalmato a terra come un gatto a qualche metro dall’ignaro passerotto.

Girato l’angolo, sembra fatta, l’uscita è a pochi passi da me…

…ecco la sua schifosissima faccia, interposta tra me e la porta scorrevole, con quei capelli unti e spalmati sulla fronte, quasi avesse usato un rastrello a modi pettine.

Lui :” ho notato dei graffi sulla tua macchina!”;

Io :” mi sembra strano, ieri non aveva nulla”;

Lui :” impossibile!!!”

L’idea di arretrare per poi scoccare un pesante destro, esattamente nel bel mezzo della sua bocca, iniziò a ronzarmi per la testa. Immaginavo già gli schizzi di sangue sulla porta a vetri dell’uscita.

Poi, d’un tratto, il sergente lo chiamò dal suo ufficio.

Lui :” ne riparliamo domani io e te”

Io non dissi niente, ero troppo incazzato, le carotidi ancora mi pulsavano. Uscii dal distretto imprecando, la serata era già partita di merda.

Agganciato il palmare al supporto, partii rigorosamente senza cintura, le chiavi erano già al loro posto, le sigarette pure, Sofi e Bea erano lì al mio fianco. Avrei potuto desiderare di meglio? NO!

Continua….

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